Che cos’è la musicoterapia

Tra le cure alternative alla medicina tradizionale esiste la musicoterapia o musicaterapia (hanno lo stesso significato), di cui un po’ tutti siamo venuti a conoscenza per la larga diffusione che ha avuto in questi ultimi anni. Scopriamola insieme con questa guida approfondita.

Milena Talento
Classe 1985, una laurea in Filosofia e una passione per il web nata ai tempi dei convegni universitari su Merleau-Ponty e i neuroni specchio. Autodidatta dalla A alla Z, comprende le potenzialità lavorative ma soprattutto economiche delle emergenti professioni tecnologiche e decide di sfruttare le proprie abilità letterarie e logiche applicandole ad un ambito nuovo. Da qui si affaccia alla professione di copywriter che coltiva per diversi anni. Scrive per alcuni e-commerce emergenti (tra cui Dalani e Zalando), si appassiona alla programmazione dei siti web, ma soprattutto agli algoritmi di Google. Circa 10 anni fa apre una web agency con cui si occupa di comunicazione a 360°. Guidaconsumatore.com viene acquistato nel 2018, dopo anni passati a lavorare in redazione come copy e seo.
Milena Talento

Che cos’è la musicoterapia

La musicoterapia si propone di utilizzare la musica e/o gli elementi della musica, come il suono e il ritmo a scopi terapeutici. Riguarda tutte le fasce d’età dai bambini agli anziani poichè il suo scopo terapeutico è volto a migliorare degli stati di disabilità e/o di handicap fisici, emotivi, mentali e psicologici.

La musicoterapia ha un’ampia varietà di ambiti di cura e l’ambiente clinico è il più “frequentato” perchè per la maggior parte è sul soggetto in quanto paziente che si vuole agire, e non su chi già gode di buona salute e persegue il mantenimento del suo benessere psico-fisico.

Come? Utilizzando la musica in maniera creativa si cerca di stabilire un’interazione condivisa tra il terapeuta, l’esperienza e l’attività musicale volte a perseguire gli scopi terapeutici per cui il paziente si trova in cura.

Il motivo che porta ad utilizzare anche la musica come strumento di sostegno o di guarigione del paziente consiste nel fatto che la musica possiede una qualità non-verbale che diversamente dagli tipi di linguaggi offre una grande possibilità d’espressione sia vocale che verbale e per questo utile per condizioni patologiche o parafisiologiche.

A livello mondiale esistono varie definizioni di musicoterapia a testimonianza della diffusione e dell’utilizzo di questa nuova disciplina relativamente giovane. Provengono dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Canada ma tutte si attengono alla definizione della Federazione Mondiale di Musicoterapia (World Federation of Music Therapy) datata 1996:

“La musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra- e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.”

La musicoterapia è una nuove disciplina fondata su basi scientifiche ormai approvate dato che è stato verificato come la musica agisce sul sistema neurovegetativo, cioè sul quel sistema che regola le funzioni del nostro organismo: la traspirazione, la pressione sanguigna e il ritmo cardiaco.

Mentre per la sua caratteristica espressività, la musica favorisce la liberazione delle nostre emozioni e delle risorse di ognuno spesso inascoltate o inutilizzate. Infatti, come suddetto, viene utilizzata soprattutto in ambito clinico perchè permette al soggetto malato di esprimere e di percepire le proprie emozioni, di comunicare e di mostrare i propri stati d’animo e i propri sentimenti attraverso il particolare linguaggio della musica (non-verbale).

In tal modo si offre al paziente la possibilità di acquisire una maggiore consapevolezza di sé e quindi a migliorare il rapportarsi e il suo comunicare con gli altri. L’esempio più riscontrato e più conosciuto di applicazione delle musicoterapia è proprio quello che il riguarda il soggetto affetto da autismo, ovvero di colui che si trova in una condizione patologica tale da portarlo a rinchiudersi in se stesso negando la comunicazione verso l’esterno. Mentre la musica può offrire un processo di apertura mettendo il mondo esterno in comunicazione con il malato.

I principi su cui si basa la musicoterapia riguardano essenzialmente il paziente e il musicoterapeuta, infatti, affinchè tale terapia abbia i suoi effetti è necessario che il paziente sia in una posizione attiva durante la pratica terapeutica, è fondamentale la fiducia che si deve venire ad instaurare nel rapporto paziente-musicoterapeuta e l’accettazione incondizionata che il terapeuta deve offrire, infine è importante l’interazione, lo scambio reciproco di iniziativa tra il paziente e il musicoterapeuta.

Si tratta di instaurare un approccio alla persona che i musicoterapeuti seguono attraverso varie modalità che dipendono dell’obiettivo che vogliono perseguire con un determinato paziente, con un gruppo di pazienti e dal ruolo che l’utente assume se è paziente o discente. Da ciò si hanno varie applicazioni dei metodi studiati dalla musicoterapia.

In altre parole, il metodo prescelto può essere applicato in diverse maniere a secondo del paziente/utente a cui il musicoterapeuta si approccia. All’inizio queste diversità erano suddivise solo in base a due condizioni: si parlava di musicoterapia attiva se la terapia consisteva nell’esecuzione e nella produzione musicale, mentre si chiamava musicoterapia passiva se consisteva solo nell’ascolto musicale guidato.

Che cos'è la musicoterapia

Metodi della musicoterapia

Progressivamente, invece, si sono venute a costituire delle vere e proprie Scuole differenti l’una dall’altra a seconda dell’intento che l’azione della musicoterapia si presuppone. Tale presupposto può essere di tre tipi: psicoanalitico, psicosomatico e somatico. Per ognuno di questi ambiti di applicazione vi sono vari “fondatori” che hanno sviluppato vari approcci alla persona.

Per l’approccio psicoanalitico la musicoterapia intende sviluppare l’aspetto della socialità della persona, che in questo caso possono essere singoli utenti o un gruppo di utenti. Per questo ambito vi sono varie scuole di pensiero fondate da:

  • Clifford Madsen
    ha basato il suo approccio sul paradigma comportamentista, maggiormente diffuso in America, attraverso lo studio della psicologia della musica.
  • Helen Bonny
    il suo metodo è conosciuto come GIM (Guided Imagery and Music: musicoterapia immaginativa): si basa su una terapia ricostruttiva del profondo che considera la persona in tutti i suoi aspetti da quello sociale a quello spirituale. Spesso, è il metodo più applicato in ambito clinico.
  • Paul Nordoff e Clive Robbins
    l’uno musicista e compositore, l’altro educatore specializzato. Insieme hanno elaborato un particolare metodo rivolto ai bambini portatori di handicap cerebrali, dei bambini che soffrono di disturbi emotivi o di disadattamenti fisici. Per loro hanno studiato il linguaggio emotivo della musica in grdo di procurare forme di sicurezza e di espressione della sua voce e del suo corpo.
  • Rolando Benenzon
    studioso argentino, rientra nell’ambito della musicoterapia attiva e basa il suo metodo sul concetto di ISO, ovvero l’insieme degli archetipi del suoni appartenenti all’individuo e le esperienze sonore che gli sono famigliari. Tale concetto riguarda anche l’ISO universale, che appartiene a tutti gli uomini, l’ISO culturale appartenente a una società che condivide la stessa storia e le stesse tradizioni culturale e infine l’ISO gruppale, ovvero quelle stese affinità musicali latenti che fanno parte di ogni membro del gruppo preso in considerazione.
  • Mary Priestley: il suo metodo si basa sul modello Junghiano e sull’approccio psico-dinamico. Inoltre è stata la fondatrice della prima esperienza di interterapia, basata sulle osservazioni su paziente e terapeuta e su un supervisore.

Un altro tipo di approccio della musicaterapia è mirato a studiare e prendersi cura dell’aspetto somatico, cioè ciò che riguarda le manifestazioni esterne del malessere che si vive. Questo tipo di approccio riguarda la terapia del singolo paziente e non di gruppi di pazienti perchè ogni singolo individuo ha le proprie reazioni e manifestazioni somatiche diverse da tutti gli altri. Lo studioso che se n’è occupato è stato un otorinolaringoiatra francese:

  • Alfred Tomatis
    ha elaborato un metodo partendo dalle basi neurofisiologiche dell’ascolto e ha affermato che “La voce contiene solamente i suoni che l’orecchio può percepire”. Il principio secondo il quale la funzione essenziale dell’orecchio è l’ascolto e non l’udito ha condotto Tomatis a trovare che il processo attivo è quello dell’ascolto, mentre il processo passivo dell’orecchio è quello dell’udito e quindi la musicoterapia deve andare a curare eventuali disturbi che esistono nei processi neurofisiologici dell’ascolto, anziché dell’udito. La sua terapia è chiamata terapia dell’ascolto con l’ausilio di un apparecchio elettronico, da lui costruito e denominato orecchio elettronico. Il suo metodo ha avuto approvazioni e riscontri scientifici e ha curato decine di migliaia di adulti e bambini con problemi di dislessia, iperattività, autismo, apprendimento e attenzione e coloro che soffrivano di difficoltà psicomotorie e sensoriali. O, semplicemente, ha aiutato musicisti e cantanti a migliorare il loro talento.

Ci sono, invece, le scuole di impianto psicosomatico rivolte ai disabili mentali e ai singoli o ai gruppi di pazienti di ogni genere d’età. Tale scuola ha studiato e analizzato diversi metodi volti sviluppo e/o al mantenimento delle capacità cognitive ed espressive, dele capacità di apprendimento e di orientamento e, infine di coordinamento motorio. Coloro che hanno sviluppato diversi metodi sono:

  • Gertrud Orff
    il suo metodo è basato sull’educazione musicale nell’infanzia come attiva stimolazione per lo sviluppo del bambino. L’applicazione della musica attiva è mirata anche sui bambini gravemente handicappati, come terapia multisensoriale che, sapientemente coordinata con le terapie mediche che il bambino deve seguire, può offrire un enorme potenziamento di queste ultime.
  • Zoltàn Kodàly
    famoso compositore ungherese realizzò anche un sistema educativo strutturato basato sull’importanza degli effetti dell’istruzione musicale da applicare dall’asilo all’università. Il “Concetto Kodàly” è diventato oggi una programmazione utilizzata dall’insegnante per guidare il bambino ad assumere i primi elementi musicali e utilizzarli in maniera creativa, basandosi su un assunto fondamentale: non è importante l’aspetto di una nota in sé, il suo nome e valore standard, quanto il significato che la nota musicale assume nel contesto musicale.
  • Giordano Bianchi
    è il fondatore di un sistema pedagogico-musicale rivolto a bambini normodotati e svantaggiati. Il suo metodo si basa sullo sviluppo di due aspetti, uno formativo e preventivo per l’infanzia prescolare e scolare con lo sviluppo anche dell’integrazione partecipativa da parte dei soggetti handicappati e, l’altro aspetto, volto alla ri-educazione dei soggetti svantaggiati attraverso il codice sonoro-musicale che riattiva aree dello sviluppo mentale “disturbate”. Questo approccio è aperto all’uso anche di altre discipline, quali quella ludico-espressiva, verbale, psico-motoria e logico-matematica.

Un’altra scuola molto importante per l’applicazione di questa particolare terapia è quella che riguarda la:

  • musicoterapia umanistica
    è un’applicazione della musicoterapia con un approccio umanistico-fenomenologico che opera anche attraverso la Programmazione Neuro Linguistica (PNL) umanistica integrata. E’ rivolta soprattutto agli anziani, alle persone affette da demenza o dal morbo di Alzheimer trattando l’individuo come essere unico e irripetibile. Il metodo della musicoterapia umanistica si basa sulla relazione e sull’ascolto empatico, cioè il musicoterapeuta si pone in ascolto del paziente per comprendere come vive la realtà, per cercare quello che c’è e non quello che gli manca. Infine, il psicoterapeuta si prende cura dei pazienti attraverso il suono, come mezzo per “dialogare”.

Storia della musicoterapia

E’ fin dall’antichità che la musica viene utilizzata a scopi terapeutici. Infatti ci sono numerosi documenti risalenti alle civiltà antiche che, soprattutto nell’ambito religioso e sciamanico, testimoniano come l’evocazione di spiriti, di antenati, di entità, di richieste di guarigione, venivano accompagnati con la musica, a conferma del potere del suono sull’uomo. Il mito di Orfeo e l’arpa di Davide si possono ritenere dei veri e propri documenti sull’uso terapeutico della musica.

Ma senza arrivare all’antica Grecia, era già risaputa l’influenza che la musica produce sulle nostre emozioni. Oppure ci si può “spostare” in Egitto, in Asia Minore, in Cina e in India per ritrovare le applicazioni terapeutiche della musica.

Mentre, per gli sviluppi più recenti, che hanno sancito la nascita della musicoterapia come disciplina scientifica, bisognerà attendere l’inizio del XVIII secolo. A metà del 1700 nasce il primo trattato di musicoterapia: se ne occupa Richard Brockiesby, un medico e musicista londinese. Più tardi, tra la fine del 1800 e il ‘900, saranno gli Stati Uniti a fornire la presenza di un “sostegno” musicale presso gli ospedali dove si trovano ricoverati i reduci di guerra, così come succede anche in Europa.

Al 1811 risale, invece, un altro trattato, questa volta del medico-compositore italo-ungherese, Pietro Linchenthal che studiò l’influenza della musica sul nostro organismo. A un altro medico, francese, Chomet, si deve la pubblicazione del 1875 di alcuni suoi approfonditi studi sulle proprietà terapeutiche della musica. Dopo il 1945, le ricerche diventano sistematiche in varie zone del globo fino alla creazione di cattedre universitarie dedicate alla musicoterapia.

E nel 1983 si deve riconoscere il valore dello studio di Rolando Omar Benenzon, docente argentino di musicaterapia, che rileva non solo l’aspetto terapeutico ma anche quello legato alla ricerca scientifica. Egli dichiara che

“la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società”.

Il musicoterapeuta in Italia

In Italia, il musicoterapeuta non è ancora “legalizzato”, nel senso che non c’è un albo professionale e un codice deontologico dei musicoterapeuti. Ma per riconoscere professionalmente, i musicoterapeuti, si è creata la CONFIAM, Confederazione Italiana Associazioni e Scuole di Musicoterapia. E’ un ente interistituzionale che mira all’omogeneizzazione e standardizzazione della formazione dei musicoterapeuti affinchè acquisiscano la loro credibilità professionale.

Ciò avviene grazie al confronto della CONFIAM con gli organismi internazionali più rappresentativi e soprattutto con il contesto nazionale. Infatti la CONFIAM fa parte del CNEL, Consorzio Nazionale Economia e Lavoro, e rientra nella Consulta delle Associazioni per la regolamentazione delle nuove professioni.

Pertanto il musicoterapeuta può verificare se la sua Scuola di formazione aderisce al CONFIAM per acquisire un riconoscimento professionale, che altrimenti non troverebbe perchè la sua formazione risulterebbe, anche fuori Italia, diversa dagli standard formativi predefiniti. Oggi, sono accreditate alla CONFIAM, 13 realtà formative. Inoltre la CONFIAM prevede, a livello nazionale, un esame di registro.

Ancora oggi, è in corso il dibattito sull’uso del termine “terapista” o “terapeuta”. Il orimo indica colui che accede alla formazione sulla musicoterapia senza avere precedenti professionalizzazioni, mentre il terapeuta è colui che è in possesso di un diploma di laurea come Psicologia, Scienze della Formazione, Medicina, Conservatorio e successivamente accede alla formazione di musicoterapia. In realtà questa differenza non esiste negli altri paesi e non ha nessun valore poichè il musicoterapeuta deve solo essere un professionista della “terapia con la musica”. In seguito, egli potrà anche essere docente.

Cosa cura la musicoterapia

La musicoterapia ha vari ambiti d’intervento, cioè non viene utilizzata come unica terapia per il paziente, ma come un sostegno alle altre terapie. Per la maggior parte interviene nelle fasi terapeutiche e di riabilitazione del paziente e quando ciò avviene nell’ambito della neurologia e della psichiatria, la musicoterapia interviene su:

  • autismo infatile
  • disabilità motorie
  • ritardo mentale
  • demenza e morbo di Alzheimer
  • disturbi dell’umore
  • psicosi
  • disturbi dei comportamenti alimentari: anoressia nervosa
  • disturbi somatoformi: ad esempio le sindromi da dolore cronico

Altre forme di intervento, più recenti, riguardano l’applicazione della musicoterapia in ambito pre-operatorio e quindi per ciò che attiene alla chirurgia e alla anestesiologia.

Ma si possono roscontrare altre applicazioni per ciò che riguarda il benessere, dunque la musicoterapia come forma di mantenimento dell’equilibrio psico-fisico.

Siti internet per approfondire la musicoterapia

  • CONFIAM – www.confiam.it
    Sito dell’ente inter-istituzionale per la musicoterapia, CONFIAM (Confederazione Italiana Associazioni e Scuole di Musicoterapia)
  • Musicoterapia – www.musicoterapia.it
    Formazione del musicoterapeuta
  • FEDIM – www.fedim.it
    La Federazione Italiana di Musicoterapia organizza corsi di formazione per musicisti
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