Il costo dei carburanti per auto
Se andiamo al supermercato e compriamo, ad esempio, un litro di latte per 1.50 euro, sappiamo che il suo prezzo al litro è 1.50 euro. Se acquistiamo una confezione di succhi di frutta, analogamente troveremo sullo scaffale il loro prezzo al litro. Con i carburanti, no: se un litro di benzina verde costa 1.40 euro, ebbene sappiate che quasi 80 centesimi sono rappresentati da tasse, accise ed Iva. Risultato? Più della metà del prezzo al consumo è costituito dalla tassazione che lo Stato (e talvolta le Regioni) applicano.
Sì, perché una legge del 1999 prevede che le Regioni possano applicare tassazioni autonome sui carburanti, come al momento succede in Liguria, Marche, Campania e Molise, per ripianare eventuali deficit di bilancio.
Mentre per il gasolio la tassazione si aggira su circa il 53% del prezzo di consumo e quella sul GPL al 39%, la tassazione sulla benzina verde è la più alta in assoluto: 60%. Questo significa che, su un pieno di 50 euro, solo una ventina saranno gli euro spesi per l’acquisto effettivo del carburante!
Il prezzo della “vera” frazione carburante è in funzione del prezzo al barile stabilito dai mercati internazionali e dipende anche dai costi di trasporto e di logistica, che però incidono solo marginalmente.
Ma qual è il motivo per cui la tassazione dei carburanti è tanto pesante? Semplice, è prima di tutto un modo efficace che lo Stato applica per effettuare il prelievo fiscale. Nel nostro Paese, così come in molti altri, purtroppo sono in tanti i “furbi” che evadono le tasse e snelliscono le proprie dichiarazioni dei redditi, ma tutti abbiamo bisogno di riempire i serbatoi delle nostre automobili: ecco che, attraverso le imposte, anche gli evasori vengono in qualche modo assoggettati ad un prelievo fiscale.
Accise: cosa sono
Spesso si sente nominare questo termine, ma cosa sta a significare esattamente? Le accise sono delle imposte che vengono applicate alla fabbricazione ed alla vendita di alcuni beni come bevande alcoliche, tabacchi, prodotti energetici : essendo dunque applicate a beni di consumo di larga diffusione, ciascun cittadino è tenuto al loro pagamento in funzione della quantità acquistata, ed indipendentemente dal proprio reddito. È cioè una forma di imposizione indiretta, ovvero che non grava direttamente sul patrimonio di un individuo ma che viene applicata quando un bene viene consumato o trasferito.
Le accise, inoltre, hanno la caratteristica di non essere calcolate sul valore del bene (come, ad esempio, l’Iva), ma sulla quantità del prodotto stesso: nel caso dei carburanti, si calcolano in riferimento all’unità di vendita (litro, metro cubo o chilogrammo). E c’è di più: le accise sono anche soggette all’Iva, quindi l’Iva stessa sarà “aumentata” dall’imposizione anche sulle accise che gravano sul prodotto.
Nel nostro Paese col passare del tempo si è fatto ricorso alle accise per il finanziamento di emergenze (guerre, crisi internazionali) o disastri di tipo naturale (terremoti, inondazioni). Alcune di queste misure, invece di avere un carattere temporaneo che le facesse permanere solo fino a quando l’evento negativo fosse passato, non però sono mai state rimosse. Così, succede che attualmente parte degli 1.40 euro che paghiamo per il nostro famoso litro di benzina finanzia ancora catastrofi e sciagure come:
- guerra in Etiopia del 1935 (0.001 euro);
- crisi di Suez del 1956 (0.007 euro);
- disastro del Vajont (1963) ed alluvione di Firenze (1966), 0.005 euro ciascuno;
- terremoti del Belice, 1968 (0.005 euro); del Friuli, 1976 (0.05 euro); dell’Irpinia, 1980 (0.04 euro);
- missioni di pace in Libano nel 1983 e in Bosnia nel 1996 (0.11 euro ciascuna);
- rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri nel 2004 (0.02 euro);
- acquisto di autobus ecologici nel 2005 (0.005 euro).
Appare evidente che molte delle misure d’intervento fiscale straordinarie non hanno più ragione d’essere, eppure non sono mai state eliminate. Sembra che si tratti effettivamente di pochi spiccioli, ma basta pensare alle enormi quantità di carburante che consumiamo per capire che lo Stato non ha certo intenzione di liberarsi di questa costante fonte di introiti.
Prezzo internazionale del petrolio
Brucia ancora sulla pelle la crisi del prezzo del petrolio del 2008, che si manifestò con la massima gravità durante l’estate: l’11 luglio le quotazioni raggiunsero il massimo storico assoluto di 147.25 dollari al barile. Il minimo storico del 1998, quando un barile veniva quotato 9.55 dollari, appariva quasi impossibile da credersi. In quel periodo, un litro di gasolio costava poco meno di uno di benzina (1.55 euro), e per un breve periodo il gasolio arrivò ad avere un prezzo addirittura superiore a quello della verde.
Il prezzo del greggio attualmente si aggira intorno ai 75-80 dollari al barile, eppure i prezzi alla pompa non si sono abbassati in maniera coerente: si parla ancora di 1.40 euro al litro per la verde e di 1.25 per il gasolio. Le compagnie petrolifere sono regolarmente accusate di innalzare i prezzi di vendita non appena le quotazioni di greggio salgono, mentre il calo dei prezzi non è altrettanto rapido.
Nemmeno il governo riesce a gestire questa delicata questione, e al consumatore non rimane che rassegnarsi a queste iniquità. In questa situazione bisogna fare di necessità virtù, ed ingegnarsi per risparmiare sui prezzi del carburante. I mezzi, per fortuna, non mancano.
Risparmiare su benzina e diesel: scegliere il distributore giusto
Stanno sempre più diffondendosi i distributori di carburante indipendenti, detti anche “pompe bianche” perché al di fuori dal giro delle maggiori compagnie petrolifere. Anche le grandi catene di supermercati, come ad esempio Carrefour, Auchan o Conad, stanno posizionandosi sul mercato con propri distributori di carburante (ne gestiscono al momento rispettivamente 27, 35 e 8, ma molti altri sono in costruzione). I prezzi praticati da questi gestori possono essere sensibilmente minori, anche di 4-8 centesimi al litro, rispetto a quelli dei marchi più noti.
Un elenco aggiornato dei distributori indipendenti può essere visualizzato ad esempio sul sito del Codacons (http://www.codacons.it/area_download/dist_indip.html).
I prezzi applicati dalla distribuzione indipendente sono inferiori per diversi motivi: essendo aziende generalmente piccole, non devono finanziare il funzionamento di grandi apparati gestionali e logistici, e non investono soldi in pubblicità; sono inoltre in grado di approvvigionarsi sul mercato, di volta in volta, del petrolio del miglior offerente. Essendo poi aziende poco conosciute, l’interesse a mantenere i prezzi concorrenziali rispetto ai marchi più noti è un incentivo per il consumatore a fare rifornimento presso le proprie pompe.
Può anche darsi che nelle nostre vicinanze non ci siano ancora, purtroppo, distributori indipendenti. Che fare? Prima di tutto, non fermarsi presso il primo distributore che capita: cerchiamo di memorizzare i prezzi esposti sui tragitti che di solito compiamo, per andare poi a rifornirci presso la stazione di servizio più economica. Certo, forse le differenze sono di pochi centesimi, ma a fine anno avremo probabilmente risparmiato anche qualche decina di euro. E, contemporaneamente, avremo speso i nostri soldi presso un impianto che ha scelto di praticare prezzi concorrenziali, quindi in un certo senso “premieremo” quei gestori che cercano di non approfittarsene.
Molto spesso fare rifornimento al self service comporta sconti sul prezzo (anche di 4-8 centesimi al litro); perciò è preferibile farsi benzina da sé, oppure recarsi presso i distributori dopo l’orario di chiusura serale.
Per molte persone la pigrizia o lo sporcarsi le mani funzionano da deterrente nei confronti del rifornimento presso il self, ma vale la pena ricordare che non si tratta poi di un’azione tanto faticosa e nemmeno complicata, e oltretutto in molte stazioni di servizio i gestori mettono a disposizione della clientela dei pratici guanti usa e getta per evitare di sporcarsi. Per sicurezza, basta comunque tenere in macchina qualche guanto di plastica preso al reparto ortofrutta del supermercato!
Risparmiare carburante con lo stile di guida
Quasi tutte le macchine della moderna generazione permettono di visualizzare sul computer di bordo i consumi istantanei e medi del nostro veicoli: tenere d’occhio questo display mentre siamo alla guida significa controllare in modo costante i consumi e capire quale stile di guida ci consente di viaggiare nel modo più economico.
L’automobile può essere paragonata al corpo umano: così come accelerare all’improvviso e correre veloce ci fa venire il fiatone, altrettanto accade coi consumi di carburante.
Per risparmiare sui consumi, è bene mantenere la velocità della propria vettura a due terzi di quella massima consentita: in questo modo si può consumare il 30% in meno di carburante. Evitiamo quindi di guidare a velocità supersonica, tenendo a mente che normalmente i 90 km orari in quinta marcia determinano i minori consumi, e tanto più la nostra velocità di punta si discosta da questo limite, tanto più il nostro serbatoio si svuoterà velocemente. Ad esempio, fra i 120 ed i 130 km orari si ha una differenza di consumi pari a circa il 10%.
Si può arrivare a risparmiare il 10% dei consumi attuando uno stile di guida dolce, senza brusche accelerazioni. Evitiamo di portare l’automobile a oltre 4000 giri al minuto, e cerchiamo di cambiare marcia appena sarà opportuno. Le marce più basse sono quelle che consumano di più: cerchiamo pertanto di passare alla marcia successiva il prima possibile. La prima marcia, in particolare, secondo i costruttori di automobili andrebbe utilizzata solo per i primi metri di spostamento, ed in particolare solo per una distanza pari alla lunghezza della nostra vettura. Tra la quarta e la quinta marcia, invece, il risparmio di carburante arriva anche al 20%.
Durante le decelerazioni o le discese non troppo accentuate, sempre se ovviamente sussistono le condizioni di sicurezza necessarie, mettere il motore in folle diminuisce gli attriti e fa risparmiare carburante.
Se ci troviamo incolonnati, al semaforo o un passaggio a livello ferma il nostro percorso, ricordiamoci di spegnere il motore. Già nel caso di soste inferiori ai 30 secondi, costa di più mantenere il motore acceso in folle che spegnerlo e riavviarlo. Proprio per questo, molte automobili di nuova concezione possiedono il sistema ‘Start and Stop’ integrato. I motori più recenti, inoltre, sono efficienti già a freddo: non è più necessario, perciò, far scaldare il motore a veicolo fermo per farlo scaldare.
Anche osservare un’adeguata distanza di sicurezza può ridurre i consumi (oltre che diminuire il rischio di tamponamento). Mantenersi infatti a debita distanza significa accelerare e decelerare in modo meno brusco rispetto al veicolo che ci precede, anticipando l’andamento del traffico.
Risparmiare carburante con manutenzione e impostazioni dell’automobile
Avete mai notato che, viaggiando a velocità anche moderate, l’accensione dell’impianto di climatizzazione causa una percettibile decelerazione del motore? L’utilizzo del condizionatore, per quanto indispensabile nei mesi più caldi, è un’operazione costosa in termini di fabbisogni energetici, ed è in grado di far schizzare alle stelle i consumi di carburante (fino al 10-20% in più).
Per questo, è bene impostare una temperatura non eccessivamente bassa, anche tenendo conto del fatto che bastano 10°C di differenza fra interno ed esterno per causare shock termici all’organismo, con rischio di costipazioni, bronchiti ed addirittura congestioni. Uscendo dall’abitacolo, invece, rischiamo un colpo di calore.
Se si entra in un’automobile lasciata al sole, meglio non accendere subito l’impianto di climatizzazione, che dovrebbe fare un grosso sforzo per raffreddare l’aria: meglio prima percorrere qualche centinaio di metri coi finestrini abbassati per far uscire l’aria calda.
Per risparmiare carburante, una volta rinfrescato l’abitacolo è bene impostare il ricircolo dell’aria. Meglio accendere l’aria condizionata solo se non se ne può fare a meno, ma in alternativa cerchiamo di non viaggiare coi finestrini completamente abbassati, soprattutto nei tragitti extraurbani: l’automobile viene sensibilmente rallentata e i consumi aumentano. Lo stesso discorso si applica ai tettucci apribili. È sufficiente abbassare i finestrini di una spanna per avere una buona aerazione dell’abitacolo compatibile con l’aerodinamicità del veicolo.
In città, dove le velocità sono più moderate, si può viaggiare anche coi finestrini decisamente più abbassati.
Per quanto riguarda gli pneumatici, è bene scegliere quelli a risparmio di carburante (“fuel saver”), che sono appositamente costruiti per offrire la minor resistenza possibile all’attrito con l’asfalto. I risparmi non sono da poco: sia arriva al 3% nei percorsi urbani e al 5% in quelli extraurbani, e valgono certo la maggior spesa iniziale per queste gomme.
Controlliamo regolarmente la pressione delle gomme, almeno ogni due settimane e anche se non siamo in procinto di fare lunghi viaggi: le gomme sgonfie possono far consumare anche fino al 10-15% in più di carburante (per non parlare dell’usura eccessiva e disomogenea del battistrada). Si stima che per ogni 0.2 bar di scarto della pressione degli pneumatici da quella ottimale indicata dal produttore il motore consuma il 2% in più.
Almeno ogni anno è bene far controllare la convergenza degli pneumatici: se non ben allineati, gli attriti con l’asfalto sono eccessivi, aumentando i consumi; lo stesso avviene quando il filtro dell’aria è sporco (fino al 15% dei consumi in più) o quando l’olio del motore è da sostituire: un lubrificante vecchio, infatti, non svolge più con efficacia il compito di ridurre gli attriti interni.
A tal proposito, è bene ricordare che esistono anche i cosiddetti lubrificanti “fuel economy”, cha grazie alla presenza di additivi speciali sono in grado di ridurre gli attriti in modo ancora più efficiente rispetto ai lubrificanti tradizionali. Il loro costo è di circa 5 euro in più al litro, ma oltre a durare il doppio consentono di risparmiare anche il 5% dei consumi. E, non da poco, allungano la vita del motore sottoponendolo ad una minor usura.
Attenzione a quanto e come carichiamo la nostra vettura: più sarà piena, più carburante consumeremo. Se possibile, quindi, cerchiamo di lasciare a casa carichi e pesi inutili. La distribuzione dei pesi deve essere uniforme per bilanciare il veicolo, e nel limite del possibile è bene evitare i carichi esterni (anche se si tratta degli appositi contenitori aerodinamici), che diminuiscono in modo sensibile l’aerodinamicità del mezzo. Lo stesso vale per portapacchi, portabici o portasci: è opportuno lasciarli montati solo quando ne facciamo un effettivo uso, rimuovendoli dal tetto della vettura in tutte le occasioni in cui non servono.
Infine, un buon consiglio per risparmiare è quello di dividere il tragitto con altre persone (il cosiddetto car pooling): le spese per il carburante sono molto minori se divise fra diversi occupanti. Con quattro passeggeri a bordo, le spese per benzina e manutenzione del motore si abbassano anche del 75%! Questo può essere un buon modo per recarsi al lavoro oppure in città: meno macchine sono in circolazione, più facile sarà anche trovare un parcheggio.
La società Autostrade per l’Italia ha promosso in tale ambito l’iniziativa “Car Pooling” (http://www.autostradecarpooling.it/): sull’Autostrada dei Laghi (A8 e A9) le autovetture che trasportano nei giorni feriali almeno quattro passeggeri pagheranno un pedaggio pari a soli 50 centesimi anziché 1.40 euro. Che, in un anno, significano che ogni occupante avrà risparmiato, suddivisi in carburante (340 euro) e pedaggio (270 euro) ben 610 euro!