Skip to main content

bambini e capricci

 

Capricci a confronto

Oggi i genitori tendono a perdere di mano la situazione e innervosirsi o peggio arrendersi quando i propri bambini fanno i capricci. Difficile è tenerli sotto controllo, bisogna però non diventare troppo apprensivi e non preoccuparsi dei capricci in modo esagerato. Se i bambini fanno i capricci non significa che hanno un carattere violento o poco gestibile, ma si tratta semplicemente di una presa di posizione riguardo a qualcosa. In pratica i capricci dimostrano il grado di autonomia e indipendenza raggiunta da un bambino nel corso della sua crescita. Non per niente ogni età ha i suoi “capricci”: se a tre anni un bimbo si lamenta perché vuole essere preso in braccio, a dieci anni sarà perché vuole un nuovo gioco e a quattordici perché vuole uscire con gli amichetti. In base a questo, cambia anche il tipo di reazione che un genitore dovrebbe avere nei confronti del proprio figlio. I primi “no” quindi non sono nient’altro che la dimostrazione di una crescita da parte del bambino che forte di una determinata autonomia, mette alla prova non solo i genitori ma anche se stesso. Ecco perché è necessario, fin dalla tenera infanzia, che i genitori stabiliscano delle regole ferree su cui non sarà possibile transigere.

 

Perché dire no

Come comportarsi quindi davanti un bimbo che fa i capricci? Prima di tutto, è bene tenere a mente di non assecondarlo subito cedendo alle sue pretese. Di solito questo tipo di atteggiamento è controproducente non solo per i genitori ma soprattutto per la formazione del carattere del futuro adolescente: un bambino viziato, infatti, tenderà ad avere più problemi durante l’età scolastica rispetto ai suoi coetanei. Abituato infatti a vedere accontentata ogni minima richiesta, crescerà egocentrico e arrogante, e rischierà di diventare un adulto infelice e svogliato, poco interessato al mondo intorno a lui. Quindi i genitori devono prestare attenzione a non essere troppo permissivi, questo ovviamente non significa rifiutare un abbraccio o un bacio in più al bambino: non sono le coccole in eccedenza a far danni.

 

Regole sì, regole no

Come detto, utile alla formazione del carattere è fissare delle poche e semplice regole che vanno rispettate sia dai genitori che dal bambino. Queste regole è sempre meglio iniziare a impartirle fin da piccoli e renderle tali da non essere negoziabili, come per esempio stare seduti nel seggiolino in auto, non fare tardi la sera o non litigare a scuola con altri bambini. Stabilire delle regole è necessario a tutte le età. Proprio per questo se il bambino piange, bisogna riuscire a capire se lo fa per vera necessità o per puro capriccio, a secondo della sua età: il pianto di un neonato di tre mesi non sarà mai uguale a quello di un bambino di tre anni né a quello di un ragazzino di dieci anni. Il neonato piangerà per necessità, perché è l’unico modo che ha per comunicare di aver fame o di non stare bene. Se il bambino è più grande, invece, dovranno essere i genitori a decidere se accontentarlo o meno. Attenzione poi a quando i capricci diventano più “violenti”: se il bambino sbatte la porta, si butta a terra o urla fino a farsi soffocare, è un tipico comportamento che rispecchia la sua voglia di essere al centro dell’attenzione dei genitori. Per ottenere qualcosa che viene loro negato, questo è il tipico atteggiamento che i bambini assumono: in questo modo il genitore non proverà nemmeno a contrattare, e cederà facilmente. Invece in questi casi sarebbe più indicato un abbraccio o una coccola per calmarlo.

 

Le punizioni che fanno bene

Se il bambino non rispetta le regole che si sono stabilite, non bisogna aver timore di metterlo in castigo: solo attraverso una giusta punizione il bambino riuscirà a capire dove sbaglia. Ogni età pretende dei castighi diversi: fino ai tre anni, per esempio, sarà sufficiente sgridare il bambino e cercare di attirarne l’attenzione su qualcos’altro, insomma distrarlo dal suo proposito. Quando sarà un po’ più grande, lo si potrà punire togliendoli per qualche giorno i suoi giocattoli preferiti, mentre solo dai cinque o sei anni sarà possibile iniziare a spiegargli il motivo di un rifiuto.

Le spiegazioni dei “no” dati ai bambini non sono però sempre necessarie: finché il bambino non diventa adulto, è consigliabile non creare un rapporto di tipo paritario perché può essere controproducente. Inoltre un rapporto paritario ha un senso quando il bambino diventa adolescente, età in cui sarà possibile forse decidere insieme le regole da rispettare e le conseguenti punizioni. Infine è bene sottolineare quanto possa essere nocivo al bambino e al rapporto coi genitori, una punizione più “violenta”: ogni tanto fa bene premiare i bambini perché è anche molto triste dire loro sempre “no”.

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.