M&A: uno sguardo sul mondo della finanza e delle acquisizioni di aziende
Il legame con l’economia reale è passato attraverso il congelamento del mercato del credito che ha messo in condizioni di illiquidità consumatori e imprese, rallentando drasticamente la domanda di beni e servizi, con immediati riflessi sull’occupazione e le aspettative di benessere per le famiglie.
Questo scorcio di 2008 rimarrà nella storia per molti anni a venire come una delle più gravi crisi economiche, di portata simile, probabilmente, solo alla grande crisi del 1929.
Ciò che sfugge ai non addetti ai lavori, è che proprio in periodi come questo si ridefiniscono gli assetti di potere e di controllo dell’economia, e nuovi attori emergono sulla scena economica, a volte soppiantando managers e imprenditori che, eccessivamente indebitati, sono costretti a cedere le proprie aziende dato che oggi le banche non permettono più di operare con alti livelli di indebitamento. Ed è proprio con uno sguardo al mercato delle fusioni ed acquisizioni che si individuano i vincitori e gli sconfitti del grande gioco dell’economia e della finanza.
E’ palese ormai l’inadeguatezza della classica azienda familiare retta dal credito ordinario mentre emergono i nuovi padroni del sistema economico, i fondi di investimento. Il tramonto del modello dell’azienda padronale retta dalla leva del debito deriva da un fatto di mercato molto semplice: dopo il terribile ottobre 2008, le banche non hanno più liquidità sufficiente per assecondare la sete di finanza di aziende sottocapitalizzate. Ifondi di private equity invece, dotati di risorse liquide, stanno diventando i veri controllori dell’economia, insieme alle sempre presenti società multinazionali.
E’ quindi opportuno conoscere le strategie e le motivazioni dei fondi di private equity, per cercare di definire gli scenari futuri e le tendenze a livello di singola impresa, e di settore economico, riguardo a investimenti, occupazione, innovazione, marketing e aggregazioni industriali.
Obiettivi dei fondi di private equity
Un fondo di private equity raccoglie capitali da investitori istituzionali e privati. Fondazioni bancarie, fondi pensione, istituti di previdenza, e ricchi individui sono i sottoscrittori di questi fondi che, tipicamente, hanno cicli di investimento di 8-9 anni.
Con i capitali raccolti, che di solito in Italia variano tra 50 e 250 milioni di euro, il management del fondo effettua investimenti in aziende ritenute capaci di attivare un processo di sviluppo e di incremento di valore in un ottica temporale di medio termine.
Tipicamente, quindi, un fondo investe in un’azienda con la prospettiva di rivenderla dopo 3-4 anni. E realizzare, ovviamente, una cospicua plusvalenza, con tassi di ritorno del capitale investito di oltre il 20% l’anno.
I fondi si servono di managers professionisti per la gestione delle aziende acquisite, o fanno leva sull’esperienza dei vecchi proprietari, che conservano una quota del capitale, per implementare i loro progetti di sviluppo e crescita.
Le leve utilizzate per realizzare tali progetti possono passare attraverso tutte le funzioni aziendali. I capitali possono essere utilizzati per l’ampliamento o il miglioramento di efficienza della capacità produttiva, la diversificazione della matrice prodotto /mercato, anche su scala internazionale, o, più banalmente, le acquisizioni posso portare ad operazioni di taglio dei costi e di razionalizzazione della struttura. A volte i fondi acquistano un’azienda e la utilizzano come piattaforma per ulteriori acquisizioni nel settore di riferimento o in settori in cui è possibile realizzare sinergie.
Perché il mercato delle fusioni e acquisizioni è rilevante per tutti
L’economia italiana nel suo complesso è legata alle sorti delle aziende di piccole e medie dimensioni. Queste aziende, che hanno un fatturato tra i due e i duecento milioni di euro, sono spesso a proprietà e conduzione familiare. Il benessere economico di milioni di famiglie, pertanto, dipende da questo modello di attività economica, che è tipico del nostro Paese e deriva da una classe di imprenditori che, avendo avviato la loro attività nel dopoguerra, sono oggi di fronte al problema del passaggio generazionale.
Molte piccole e medie aziende, infatti, non possono “passare di padre in figlio”: spesso le seconde generazioni si occupano d’altro, e mancano dello spirito giusto per guidare un’impresa. Ecco che si rende necessaria la cessione dell’azienda, in maniera da permettere al fondatore di capitalizzare una vita di lavoro, e di assicurare all’azienda stessa il proseguimento dell’attività e degli investimenti.
Il mercato del passaggio di proprietà delle aziende acquista quindi una grande valenza non solo economica, ma anche sociale, capace di stravolgere le condizioni di vita di lavoratori, famiglie e interi distretti economici.
Essere alle dipendenze di un’azienda che viene ceduta, molto semplicemente, apre una serie di interrogativi sul futuro del proprio ruolo professionale, sull’evoluzione del proprio reddito e su una serie di aspetti legati alla vita professionale in maniere più ampia.
Il classico esempio riguarda la cessione dell’azienda ad una multinazionale straniera. Questo passaggio spesso comporta esuberi per una fascia di funzioni che risultano replicate presso l’azienda acquirente (tipicamente quelle amministrative a minor valenza strategica come la contabilità, il fisco, la tesoreria, la gestione delle paghe); o ridimensionamenti riguardanti la forza vendita o alcuni reparti produttivi. Le acquisizioni aziendali, infatti, vengono effettuate per aggregare ricavi e ridurre l’incidenza dei costi fissi. Le funzioni legate a questi costi fissi possono pertanto diventare oggetto di tagli.
Sempre questo esempio, che è tipico ed era l’unico probabile fino ad un po’ di anni fa – prima dell’avvento dei fondi di investimento – contiene degli spunti di potenziale interesse per alcune funzioni che sono in grado di dialogare in contesti aziendali più evoluti. La padronanza dell’inglese, ad esempio, spesso salva il posto di lavoro e fa la differenza in caso di accorpamento dell’azienda in un contesto multinazionale. Altra funzione che risulta protetta, se ben coperta, riguarda il controllo di gestione, insieme a tutte le funzioni che fanno la competenza distintiva dell’azienda compravenduta, tipo produzione specializzata, design, marketing evoluto.
Nessun acquirente vorrebbe ritrovarsi privo della possibilità di controllare nel dettagli costi e ricavi, oltre che investimenti e flussi di cassa, di una società da poco acquisita; o vorrebbe perdere il mercato tagliando una forza vendita moderna ed efficiente.
Risulta evidente, pertanto, l’importanza di questo mercato: capire se l’azienda presso cui si lavora (o che viene affidata, o che figura tra i clienti) può essere oggetto di un’acquisizione è uno dei primi passi per capire se si è legati ad una realtà economica florida e dall’elevato potenziale. Contrariamente a quanto si crede, infatti, nella maggior parte dei casi sono le aziende che vanno bene che interessano al mercato.
Quelle “decotte”, nella maggior parte dei casi, non trovano un acquirente. Vengono liquidate.
Per approfondire e avere informazioni M&A in tempo reale
MergersAlert
www.mergersalert.com
Un sito che fornisce allerte in tempo reale su fusioni e acquisizioni che avvengono in Italia o che interessano aziende nazionali. Come risulta dalle operazioni di M&A studiate in M&A Alert, vi sono notevoli livelli di attività anche in piena crisi economica, e i “nuovi padroni” si fanno avanti con la possibilità di spuntare prezzi che sono ormai di circa il 30% più bassi di qualche mese fa.
Utilizzando il servizio M&A Alert in chiave settoriale, ad esempio, è possibile individuare alcuni specifici settori dell’economia italiana e verificare chi sono i players attivi e quali sono, invece, i soggetti che giocano il ruolo di “prede”. Selezionando il settore del tessile e abbigliamento, ad esempio, si scopre come aziende valide e prospere come Prada, in un momento in cui è impossibile debuttare sul mercato borsistico per raccogliere capitali, rischiano di diventare preda di fondi di investimento internazionali o di grandi gruppi più strutturati per competere sui mercati mondiali, o come aziende familiari di tradizione – e ben patrimonializzate – come Brioni siano sul mercato alla ricerca di fondi per crescere.
Utilizzando la chiave di ricerca per nomi, invece, si scopre l’attività quasi frenetica di fondi di media taglia italiani come DGPA del professor Dallocchio, o il fondo CAPE guidato da Simone Cimino. Sembra proprio che queste società siano sul mercato alla ricerca continua di aziende in difficoltà, o anche solo in un momento di incertezza strategica, che nell’attuale momento di crisi diventa una ragione molto tangibile per gli imprenditori per “passare la mano”, anche se solo attraverso una vendita parziale.
Disponibile, infine, un servizio di “Alert” che vi permette, attraverso la registrazione di un indirizzo email, di ricevere degli aggiornamenti in tempo reale sulle operazioni di finanza straordinaria registrate dal sito. Questo servizio è particolarmente utile per i professionisti del mondo dell’economia e della finanza, che possono ricevere le informazioni direttamente sul telefono cellulare o sul Blackberry®.