Le arti marziali cinesi: Kung Fu o Wu Shu
Il termine Kung Fu, in cinese, si può tradurre con “Particolare abilità”, “Destrezza”, “Esercizio eseguito con capacità”, e per la maggior parte dei cinesi riveste il significato generico di “Impegnarsi nello svolgimento di una particolare attività”.
Nulla a che vedere, dunque, con un’arte marziale vera e propria, ma piuttosto con la capacità individuale di saper “fare” qualcosa che si raggiunge solo con un lungo allenamento, dedizione e tanta pratica. In Occidente, tuttavia, il termine Kung Fu è implicitamente associato alle arti marziali cinesi tradizionali, ma come abbiamo visto si tratta di un significato un po’ distorto rispetto alla realtà.
Le “vere” arti marziali cinesi sono invece definite dal termine Wushu (“Arte della Guerra”). Non a caso molti maestri orientali si rivolgono ai propri allievi affermando: “Nel tuo Wu Shu c’è poco Kung Fu”, il che sta a significare che le tecniche sono eseguite in modo teoricamente corretto, ma senza quel “qualcosa in più” che è la vera abilità marziale, e che si acquisisce solo dopo anni e anni di duro allenamento.
Probabilmente la grande diffusione del termine Kung Fu deriva dal genere cinematografico (popolare soprattutto degli anni ’70) improntato sulle arti marziali che utilizzava impropriamente questa denominazione, e fra i “colpevoli” si può annoverare anche il grande Bruce Lee che usò il termine Kung Fu nei suoi film. Nonostante queste divergenze di significato, l’utilizzo del termine Kung Fu per riferirsi alle arti marziali viene comunque ampiamente accettato dato che l’obiettivo fondamentale ed irrinunciabile è il “raggiungimento dell’abilità”.
La storia delle arti marziali cinesi
L’origine delle arti marziali cinesi viene fatta risalire alla necessità di difesa personale ed addestramento militare della Cina antica. Nonostante sia stato appurato che numerose forme di arti marziali venivano praticate in Cina già diversi millenni fa, i dettagli riferiti al periodo antecedente al sedicesimo secolo sono pochi e perlopiù frammentari.
Secondo la leggenda, le arti marziali cinesi nacquero ai tempi della dinastia Xia, più di 4000 anni fa. All’epoca regnava Huang Di, detto anche “Imperatore Giallo”, una figura leggendaria che si dice abbia introdotto i sistemi di combattimento in Cina.
Le prime testimonianze scritte risalgono tuttavia al quinto secolo a.C., quando negli “Annali delle primavere e degli autunni” vennero descritte le pratiche di combattimento a mani nude, che includevano le nozioni di tecniche “dure” e “molli”. Altri scritti risalenti ad epoche più moderne descrivono stili di combattimento (Jiao Di) basati su colpi, proiezioni, leve articolari e pressione sui punti vitali del corpo.
Il combattimento Jiao Di, ad esempio, divenne un vero e proprio sport durante la dinastia Qin (221-207 a.C.), mentre all’epoca della dinastia Tang (618-907) era consuetudine praticare spettacolari danze con spade. Le basi del moderno Wushu vennero tuttavia gettate durante il regno delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1912).
Le caratteristiche attuali delle arti marziali cinesi sono fortemente influenzate dagli eventi che si verificarono nel corso del periodo repubblicano (1912-1949), quando la pratica delle arti marziali da parte della popolazione comune venne promossa e sostenuta.
I governanti vedevano infatti le arti marziali (Guoshu) come un potente mezzo per rinvigorire lo spirito nazionale e patriottico. Con la fine della guerra civile cinese (1927-1950) e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese furono in molti ad emigrare all’estero: ecco che le arti marziali cinesi iniziarono ben presto a diffondersi nei Paesi occidentali e a raccogliere il favore del pubblico. La pratica delle arti marziali venne invece scoraggiata in Cina durante il turbolento periodo della Rivoluzione Culturale cinese (1969-1976) e con l’avvento della dottrina maoista.
Il Partito Comunista cinese abolì le scuole indipendenti per rimpiazzarle con forme di Wushu controllate dal regime e basate su aspetti puramente sportivi e non di combattimento. Avvenne infatti che, per timore di insegnare al popolo efficaci metodi di autodifesa e lotta, che potevano poi essere utilizzati a fini sovversivi contro il regime stesso, l’insegnamento delle tradizionali arti marziali venne letteralmente tarpato.
Nel 1979 le cose cominciarono a cambiare e una apposita commissione fu incaricata della riabilitazione dell’insegnamento e della pratica del Wushu; nel 1998 fu abolita l’autorità centrale sportiva cinese nel tentativo di depoliticizzare lo sport e renderlo fruibile al grande pubblico, con un approccio basato sul marketing. Attualmente il governo cinese sostiene e promuove le pratiche degli stili di Wushu, sia tradizionali che moderni.
Gli stili delle arti marziali cinesi
Con la sua storia di arti marziali millenaria, non sorprende che in Cina si siano evolute centinaia di diversi stili (Quan), che spesso sono classificati in “scuole” (men) , “famiglie” (ji?) oppure “sette” (pai). Alcuni di questi stili sono basati su aspetti filosofici o su antichi miti e leggende cinesi, mentre altri traggono ispirazione dall’osservazione della natura e dagli animali; alcuni sono fortemente improntati alla competizione, mentre in altri l’elemento principale è rappresentato dalla meditazione e dal miglioramento del benessere fisico.
La suddivisione principale delle arti marziali è data da:
- Stili “esterni” (Wai Jia): in questa categoria di stili i movimenti, l’attività aerobica, la forza esplosiva e la dinamicità sono preponderanti. Gli aspetti meditativi sono, al contrario, poco enfatizzati. Esempi di queste arti marziali sono il Tang Lang Quan, il Ba Ji Quan e il Wai Dan (detto anche “Cinabro Esterno” o “Qi Gong duro”). La maggior parte degli stili esterni appartiene al ceppo Shaolin.
- Stili “interni” (Nei Jia): questi stili sono incentrati sugli aspetti spirituali e del Qi (l’energia interiore che scorre nel corpo umano e nel creato), e rivestono una grande importanza le tecniche di respirazione, rilassamento e meditazione. I movimenti sono lenti, controllati e morbidi, e sono praticati allo scopo di raggiungere il rilassamento del corpo e non per sviluppare particolari qualità fisiche. Appartengono agli stili interni, ad esempio, il Qi Gong di tipo Nei Dan (altresì conosciuto come “Cinabro Interno” o “Qi Gong morbido”), lo Xing Yi Quan e il Tai Ji Quan. Nella maggior parte dei casi, questi stili si rifanno al ceppo Wudang.
Un’altra suddivisione piuttosto comune delle arti marziali cinesi è basata sulla loro origine geografica e, precisamente, sulla loro posizione rispetto al fiume Yangtze (Fiume Azzurro):
- Stili della Cina settentrionale (Chang Quan o “Pugno lungo”): questi stili, detti anche “lunghi”, sono caratterizzati da movimenti fluidi e rapidi e tendono ad enfatizzare calci veloci e potenti, tecniche saltate e sforbiciate. Le posizioni più utilizzate sono quelle che vedono le gambe allungate e il baricentro piuttosto basso; il combattimento si svolge su distanze medio-lunghe. Tutti gli stili di derivazione Shaolin, ad esempio, sono classificati come “lunghi”. Si ritiene che questi stili si siano evoluti perché, nelle regioni collinari e montagnose dalle quali provengono, per combattere si era spesso costretti a saltare e muoversi fra terreni scoscesi, dirupi e massi.
- Stili della Cina meridionale (Nan Quan o “Pugno del Sud”): questi stili, detti anche “corti”, si focalizzano principalmente su efficaci tecniche di braccia, con un lavoro veloce di gambe ed una postura stabile. Poiché si utilizzano principalmente le tecniche di pugno e solo marginalmente i calci, la distanza di combattimento è medio-corta. Fra gli stili principali della Cina del sud troviamo ad esempio Wing Tsun, Bak Mei, Wuzuquan e Choy Li Fut. La preponderanza nell’utilizzo delle tecniche di braccia negli stili “corti” è dovuta al fatto che questi si sono evoluti e perfezionati in zone di pianura dove le risaie rappresentavano l’elemento predominante del territorio; con i piedi immersi nell’acqua, le tecniche di calcio non potevano però essere portate efficacemente.
Queste suddivisioni, utili per scopi pratici, in realtà non sono poi così nette perché tutte le tecniche presentano elementi in comune con altre. Si tratta comunque di categorizzazioni che, soprattutto per chi non è esperto, possono essere molto d’aiuto per riuscire a “districarsi” nel vastissimo e complesso panorama delle arti marziali cinesi.
Siti internet sulle arti marziali cinesi
- FiWuK – Federazione Italiana Wushu Kung Fu – http://www.fiwuk.it/
Sito ufficiale della Federazione che in Italia si occupa della pratica e della diffusione del Wushu Kung Fu, disciplina sportiva associata al CONI. Consultando le numerose sezioni tematiche del sito è possibile informarsi sugli appuntamenti in programma riguardanti il Wushu Kung Fu, sulle ultime novità e sugli atleti della nazionale italiana. - Federazione Italiana Wushu Kung Fu – http://www.wushu.it/italiano/index.asp
Sul sito è possibile scoprire la storia e le peculiarità del Wushu e degli stili di combattimento tradizionali cinesi più diffusi. Particolarmente interessante è la sezione dedicata a “Scienza e Wushu”, la pagina dedicata alle news e la galleria fotografica. - Kung Fu Shaolin e Tai Chi tradizionale cinese – http://www.kuoshu.net/index.php
Sito ricco di informazioni sulla storia del Wushu, dove sono descritte le caratteristiche di molte diverse scuole di arti marziali cinesi.
Video sul Wushu Kung Fu
- Chinese Kung-Fu Wushu Performance
- Kung Fu Polar – La nascita del Wushu: Bodhidharma e il tempio Shaolin
- Shaolin Wushu
Libri
Titolo: Esercizi di kung fu wushu. La ginnastica preparatoria, le tecniche di base, le combinazioni, il combattimento
- Collana: Arti marziali
- Autore: Antonello Casarella
- Editore: De Vecchi
- Anno: 2010
- Lunghezza: 128 pagine
Titolo: Corso di kung-fu wushu
- Autore: Roger Itier
- Editore: De Vecchi
- Anno: 2006
- Lunghezza: 351 pagine
Titolo: Kung fu yi quan. La boxe della mente. Arte marziale e metodo di autoguarigione
- Collana: Arti marziali
- Autore: Stefano Agostini
- Editore: Edizioni Mediterranee
- Anno: 2000
- Lunghezza: 144 pagine
Titolo: Lezioni di kungfu wushu. Guida pratica fotografica
- Collana: Arti marziali
- Autore: Antonello Casarella
- Editore: De Vecchi
- Anno: 2004
- Lunghezza: 112 pagine