AirBnb è un portale che mette a disposizione degli utenti case, appartamenti e varie soluzioni di affitto a breve termine per turisti da tutto il mondo. Fino ad adesso la formula ha funzionato alla grande e sono molti gli utenti che si ritengono soddisfatti del servizio. Ma quando si tratta di burocrazia, la crisi è dietro l’angolo, soprattutto perché pare che il grande colosso debba cominciare a pagare le tasse allo Stato italiano.
Per adesso è stata concessa una proroga fino al 16 di ottobre, ma pare che sforato questo termine AirBnb debba cominciare a versare allo Stato la tassa del 21%, diventando così a tutti gli effetti sostituto d’imposta dei proprietari. Che cosa succederà esattamente, però, non è ancora chiaro e se così fosse, saremmo davanti al primo caso di regolamentazione per il settore dell’economia della condivisione.
La multinazionale americana, quindi, si troverebbe a dover pagare allo Stato italiano le tasse sulle proposte di affitto che compaiono sul celebre portale. Il condizionale è d’obbligo, però, perché sembra che il colosso sia parecchio contrariato a riguardo e non abbia alcuna intenzione di adempiere a questo obbligo sancito da una legge tecnicamente operativa da giugno.
Facciamo chiarezza su questo punto fondamentale. In sostanza gli intermediari per gli affitti a scopo turistico, siano essi digitali oppure no, hanno l’obbligo di trattenere le tasse dovute dai proprietari e di versarle direttamente nelle casse dell’Erario. Questo riguarda sì AirBnb, ma anche il suo principale concorrente, Homeaway, e potrebbe riguardare molto da vicino anche portali come Booking.com, uno dei più utilizzati per prenotare alberghi e case vacanza in tutto il mondo.
Il discorso si può estendere a tutte le agenzie che sono iscritte alla Federazione italiana agenti immobiliari professionali e, insomma, il caso AirBnb sarebbe solo la punta dell’iceberg. La nuova norma da applicare è contenuta all’interno della manovra di correzione dei conti pubblici e risale ad aprile 2017. L’Agenzia delle Entrate così ha deciso; quando si tratta di affittare a breve termine e di durata inferiore a 30 giorni è necessario pagare la cedolare secca del 21% e la ritenuta deve essere gestita direttamente da chi opera la mediazione, anche se si tratta di un portale digitale.
AirBnb, ovviamente, protesta e sta operando una severa resistenza alle nuove norme. La tempistica, del resto, è stata molto celere. L’Agenzia delle Entrate ha stabilito le nuove indicazioni a luglio 2017 e ha sancito come scadenza per i primi versamenti il 17 luglio stesso. La protesta è subito servita; AirBnb si rifiuta di adeguarsi alle nuove norme in così poco tempo. Così, ad agosto è arrivata una deroga che proroga le nuove disposizioni a ottobre.
Che cosa succederà ancora non è chiaro, ma quello che è certo è che si prospetta un autunno molto caldo riguardo a questo tema. Non sappiamo chi l’avrà vinta, ma quello che è certo è che la battaglia si prospetta essere piuttosto difficile. Stay tuned!