Scegliere la tipologia di impermeabile
Finalmente abbiamo deciso di munire il nostro guardaroba di un impermeabile, un capo adatto per uscire nei giorni di piogga intensa. Ma ora arriva il momento di decidere quale, tra i tanti modelli esistenti in commercio, vogliamo acquistare.
Per fare una scelta mirata e corretta, ossia per acquistare quello che davvero ci serve e ci soddisferà, dobbiamo conoscere bene tutte le tipologie in commercio. Vediamole quindi insieme per capire quale tra esse sia quelal che fa al caso nostro.
Cerata
La cerata è il tipico impermeabile in tela cerata indossato dai marinai, in quanto permette di manovrare comodamente la barca assicurando, allo stesso tempo, protezione contro l’acqua e una certa robustezza. La cerata è un impermeabile d’emergenza di dimensioni e di spessore ridotte che spesso si tiene in macchina, nello zaino o nel bauletto della moto o del motorino, per poter essere comodamente indossata in caso di pioggia improvvisa. Possono essere realizzate in tessuti plastificati davvero impalpabili, assicurando così il minimo ingombro, o in tessuti sempre plastificati ma più spessi, magari anche con colori sgargianti come il giallo o l’arancione.
Trench
Nel lontano 1901, più di cento anni fa, il Ministro della Guerra della Gran Bretagna fece un preciso ordine alla ditta Burberry: la creazione di un indumento che si potesse collocare a metà strada tra un cappotto militare e un impermeabile: in questo modo prese vita il trench. Il suo nome deriva, appunto, da trench coat, ossia cappotto da trincea, e per chi non lo avesse ben presente possiamo dare un’utile indicazione: è l’impermeabile indossato dal celebre tenente Colombo nello storico serial e da Peter Sellers nella pantera Rosa.
Il trench è quindi un indumento di origine militare dotato di spalline molto pronunciate, di un sottogola, della cintura e di un’allacciatura a doppiopetto, e di una falda triangolare che si sovrappone all’allacciatura stessa, per assicurare una maggiore protezione. Tutti elementi, questi, molto riconoscibili che hanno contribuito alla fortuna anche filmica di questo indumento.
Solitamente il trench viene realizzato in gabardine di color kaki, anche se ultimamente è disponibile in molti colori. Questo tipo di indumento offre un’ottima protezione contro la pioggia ma non è un capo particolarmente caldo, e in caso di freddo intenso si consiglia di indossare, sotto al trench, qualche indumento più isolante come un gilet imbottito o una giacca.
K-way
Il K-way è un piccolo e pratico impermeabile realizzato con un materiale molto sottile e dotato di un cappuccio. Nacque in Francia nei pressi di Pas de Calais nel 1961, e deve la sua grandissima diffusione alla sua praticità: può infatti essere ripiegato in una tasca a marsupio presente nella parte anteriore, e una volta ripiegato si può comodamente legare in vita grazie a una comoda cinturina elastica, che lo rende l’impermeabile ideale per le gite fuori porta o le escursioni in campagna e in montagna, visto che è leggero, poco ingombrante e facilmente trasportabile. È realizzato tendenzialmente in nylon ed è abbastanza ambio da poter essere indossato senza problemi anche sopra altri vestiti piuttosto spessi come ad esempio una giacca o un giubbotto. Oggi il marchio appartiene a una società italiana, la BasicNet S.p.A. di Torino.
Mantello classico
Molto meno diffuso ai gironi nostri piuttosto che in passato, dove ebbe davvero una grandissima fortuna, il mantello è un capospalla senza maniche, disponibile in tante lunghezze, dai modelli che arrivano alla vita a quelli lunghi fino ai piedi. Il mantello si allaccia sotto il collo e offre un’ottima protezione contro l’aria, la pioggia e il vento, anche se l’assenza di maniche e la poca aderenza al corpo potrebbero far disperdere facilmente il calore. Etimologicamente parlando, il termine mantello viene dal latino”mantellum”, che vuol dire velo.
Tabarro
Il tabarro è un tipo di mantello di origine antichissima, risale infatti ai tempi degli antichi romani. Nel corso dei secoli il tabarro si è evoluto, e lo ritroviamo anche in epoca medievale: era infatti un indumento utilizzato dai cavalieri che lo utilizzavano nel corso delle investiture, ed era utilizzato nella vita quotidiana anche da parte di medici e di notabili, insomma dei cittadini appartenenti alle classi sociali più agiate. Nell’epoca rinascimentale, invece, il tabarro fa un piccolo passo indietro e, proprio per la sua semplicità, rimane relegato al mondo delle persone altrettanto semplici, ossia artigiani e contadini, che lo indossavano insieme a spessi mantelli realizzati in lana. Mentre tra gli strati più alti della popolazione, ossia nel mondo borghese e in quello dell’aristocrazia, il tabarro smise di essere un capo alla moda.
Il tabarro ebbe un revival intorno al Diciannovesimo secolo, quando fu un capo di abbigliamento utilizzato dal popolo dei dandy, mentre in epoca fascista questo tipo di capo veniva identificato come un’icona di anarchia e quindi, per tutto il periodo fascista, ne venne proibito l’uso. Nonostante il ‘proibizionismo’ fascista, il tabarro sopravvisse fino agli anni Cinquanta soprattutto in campagna e in montagna: basta guarda un vecchio film di Don Camillo o un qualsiasi altro film di quell’epoca per vederne in abbondanza!
Dopo questa digressione storia e culturale sulle origini del tabarro attraverso i secoli possiamo parlare delle sue caratteristiche. Il tabarro è un mantello maschile solitamente realizzato con uno spesso panno di colore scuro. È un indumento grosso, pesante, dotato di un’allacciatura a punto unico sotto il mento. Per mantenerlo più chiuso ed evitare dispersione di calore, solitamente si indossa gettando una delle false sulla spalla opposta. Per quel che riguarda le lunghezze, ne esiste un modello che arriva fino al polpaccio e uno un po’ più corto, che era più comodo in caso di attività come andare a cavallo, prima, e andare i bicicletta, poi.
Kalasiris
L’etimologia di questo mantello si può far risalire addirittura ad Erodoto, e se vogliamo andare ancora più indietro negli anni ne abbiamo testimonianza anche tra gli antichi Babilonesi e gli Assiri. Il luogo dove questo tipo di mantello ebbe una maggiore diffusione era, però, l’antico Egitto, negli anni che vanno dal 1580 a.C. al 1090 a.C. circa.
Il kalasaris era un mantello che veniva indossato indifferentemente dagli uomini e dalle donne, realizzato in modo simile a una camicia, che si fissava alla spalla per mezzo di una cinghia. Poteva avere le maniche di diversi tipi o anche esserne sprovvisto, e la sua particolarità era quello di permettere una buona libertà di movimento nonostante fosse di tagli molto aderente, tanto che si pensava che fosse addirittura realizzato con tessuti elasticizzati.
Burnus
Il burnus è un mantello bianco, dotato di un cappuccio in lana, che viene indossato dalle popolazioni del nord Africa. Il suo nome deriva dal latino byrrus, ossia un ampio mantello che andava indossato al di sopra degli altri abiti, anche se in alcune regione come l’Algeria si utilizzano nomi come abernus o bernus. Esistono in ogni caso una grandissima quantità di nomi atti a indicare questo tipo di indumento, utilizzati prevalentemente in Marocco, mentre i dialetti tribali nordafricani lo chiamano alsham.
Indipendentemente da come viene chiamato, il burnus è un indumento simila a un mantello ma che possiede una piccola cucitura sotto al collo, e di poter quindi essere indossato senza aver bisogno di fibbie, spille o cinghie per tenerlo in posizione. Spesso nella parte finale del cappuccio, che in molti modelli è decisamente ampio, c’è un pompon.
Frock coat
Questo particolare tipo di mantello fece la sua prima apparizione intorno al 1816 in ambiente militare. Era dotato di un colletto militare in puro stile prussiano nella zona del collo. Nei primi anni dalla sua comparsa veniva vissuto come un abito piuttosto informale, anche se la sua popolarità crebbe sempre di più dopo il 1830, fino ad arrivare alla sua massima diffusione.
Il frock coat è un capospalla maschile con un foro centrale sulla schiena, che arriva fino alle ginocchia e corredato da maniche molto larghe. È sciancrato in vita ed è fatto a doppiopetto, quindi con sue risvolti. La traduzione letterale del suo nome inglese nella nostra lingua è: tonaca cappotto.